Pubblichiamo il contributo di Federica Brioschi (Associazione Antigone) alla blog serie #CallMeCOVID19, che abbiamo lanciato qualche giorno fa sulle pagine del nostro blog.

Ringraziamo Federica per il post. Buona lettura!

Risultato immagini per rivolte carceri il manifesto

Foto: ilmanifesto.it

La bomba è esplosa: perché il Coronavirus ha acceso le proteste nelle carceri italiane

Federica Brioschi, Associazione Antigone

Fra domenica 8 maggio e il giorno seguente sono esplose diverse proteste nelle carceri italiane che hanno conosciuto differenti livelli di tensione e di gravità. In alcuni casi i detenuti hanno battuto le sbarre delle loro celle, bruciato i materassi, sono usciti dalle sezioni e sui tetti. Una settantina di loro sono riusciti a evadere dal carcere di Foggia. Il 12 marzo le autorità hanno confermato il decesso di quattordici detenuti, la maggior parte di loro morti durante o a seguito di una rivolta avvenuta nell’istituto penitenziario di Modena, dove i detenuti hanno fatto irruzione nell’infermeria da dove hanno prelevato del metadone. Al momento sono state eseguite soltanto alcune autopsie e in questi casi sembra essere confermata l’ipotesi di overdose di metadone. Rivolte o proteste sono avvenute in più di 40 carceri di tutta Italia, tra cui gli istituti penitenziari di Napoli (Poggioreale), Frosinone, Salerno, Ancona, Foggia, Milano (San Vittore), Roma (Rebibbia), Palermo (Ucciardone) e Pavia. Alla fine di lunedì la situazione si è calmata in molte carceri anche grazie alla mediazione delle autorità civili.

Mentre le proteste e le rivolte si diffondevano in diversi istituti lungo tutta la penisola, il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha esortato tutti i detenuti a cessare immediatamente ogni forma di violenza e a protestare esclusivamente in maniera pacifica. Ha anche esortato il personale penitenziario a spiegare con calma ai detenuti le ragioni delle misure che si sono dovute imporre per contenere il Coronavirus e a concedere loro più telefonate per mantenere i contatti con le loro famiglie che ora non possono più incontrare di persona per via della sospensione dei colloqui. Ha anche chiesto ai Magistrati di Sorveglianza di contribuire ad allentare la tensione adottando altre misure per decongestionare gli istituti, come la detenzione domiciliare.

Le ragioni dietro le proteste sono molteplici. Si tratta infatti di un insieme di fattori e situazioni pregresse che in un momento di tensione come questo si sono manifestate in tutta la loro gravità.

Il sovraffollamento all’interno delle carceri per adulti è un problema cronico del sistema penitenziario italiano che ha avuto certamente un ruolo nelle motivazioni che hanno portato allo scoppio delle rivolte avvenute nei giorni fra l’8 e il 9 marzo. Alla fine di febbraio 2020 le nostre carceri ospitavano 61.230 detenuti a fronte di 50.931 posti disponibili con un tasso di affollamento del 120%, che stimiamo essere in realtà del 130% a causa dei posti non disponibili in molti degli istituti. La situazione appare ancora più critica se pensiamo che il primo campanello d’allarme che segnala lo stato di sovraffollamento di un dato sistema penitenziario dovrebbe scattare, secondo il Libro Bianco sul Sovraffollamento Penitenziario, quando le presenze all’interno del sistema raggiungono il 90% della capienza regolamentare.

Il sovraffollamento, in termini pratici, significa aggiungere uno o due letti in molte celle, significa condividere spazi esigui con un maggior numero di persone e significa ridistribuire le già insufficienti attività ricreative e lavorative su un numero maggiore di persone. A questa situazione già di per sé molto critica e tesa si sono aggiunte le già citate limitazioni imposte a causa del Coronavirus.

Le circolari emanate dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nelle ultime settimane a causa dell’emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19 sono state molto ragionevoli. Il pericolo di un contagio in un istituto penitenziario risulta evidente: il sovraffollamento rende praticamente impossibile la separazione dei detenuti e quindi il contenimento dell’epidemia.

Le misure adottate per evitare l’ingresso del virus negli istituti includevano la sospensione dei trasferimenti dei detenuti da e verso gli istituti situati nella “zona rossa” (che in quel primo momento comprendeva solo alcune città e province del nord Italia), il divieto di ingresso negli istituti a chiunque provenisse da queste zone, e sono state date istruzioni alle direzioni di applicare le limitazioni ai colloqui e alle attività che ritenevano necessarie e appropriate. Agli istituti penitenziari è stata anche data la possibilità di sostituire i colloqui con i familiari con Skype o telefonate.

Di conseguenza, in alcune carceri, i colloqui e le attività sono stati limitati e all’ingresso delle carceri sono state disposte le attrezzature per il triage dei visitatori. D’altra parte, altri istituti hanno deciso di sospendere completamente tutte le attività e i colloqui nonostante si trovassero lontani dai focolai di Coronavirus. Questo ha causato disordini in una popolazione detenuta già ammassata in spazi molto limitati e ansia tra le famiglie, che si sono trovate nell’incertezza riguardo la possibilità di svolgere i colloqui e riuscivano ad ottenere quest’informazione soltanto chiamando gli istituti penitenziari. Mano a mano che Antigone riceveva tutte le informazioni sulle limitazioni messe in atto da ogni direzione le raccoglieva in una mappa per tenerne traccia e per renderle accessibili a chiunque ne avesse bisogno.

Infine con i decreti ministeriali dell’8 e del 9 marzo 2020 il Consiglio dei Ministri ha ordinato la sospensione dei colloqui con i familiari in tutto il paese e indicato a tutti gli istituti di pena di aumentare l’accesso alle telefonate per i reclusi, di permettere di videochiamare i propri cari con tecnologie telematiche. Le telefonate e le videochiamate sono state perciò riconosciute importanti in un momento di grande urgenza come questo dove alla paura del contagio avrebbe potuto facilmente aggiungersi il timore del totale isolamento. Non tutti gli istituti si sono prontamente adeguati a questi cambiamenti e da qui sono scaturite le rivolte di quei giorni.

Già da prima delle rivolte Antigone, prevedendo la chiusura verso l’esterno del sistema penitenziario, aveva elaborato delle proposte per aumentare i contatti con i familiari dei detenuti anche utilizzando le tecnologie video. Un segnale in questa direzione è arrivato il 12 marzo. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha disposto con una circolare interna rivolta ai Provveditorati Regionali di Piemonte e Valle D’Aosta che i detenuti appartenenti a circuiti di media sicurezza e AS3 ristretti nelle carceri di competenza di questi provveditorati potranno usufruire di colloqui a distanza via Skype per consentire loro di sostenere gli esami universitari e svolgere colloqui con i docenti al fine di proseguire gli studi. E’ stato inoltre permesso l’utilizzo della posta elettronica nelle comunicazioni con i docenti e con le famiglie.

Nei giorni scorsi, Antigone, insieme ad Anpi, Arci, Cgil e Gruppo Abele ha elaborato delle proposte per ridurre il numero dei detenuti, per favorire i contatti con l’esterno, per la prevenzione del contagio e per sostenere lo staff penitenziario. Fra le proposte per ridurre il numero dei detenuti è possibile citare l’estensione dell’affidamento in prova e detenzione domiciliare ai detenuti con problemi sanitari tali da rischiare aggravamenti a causa del virus; la detenzione domiciliare per i semiliberi in modo che non debbano tornare in istituto alla sera; l’estensione della detenzione domiciliare ai condannati per pene detentive anche residue fino a trentasei mesi.

Queste misure permetterebbero di ridurre drasticamente il numero di persone detenute e aiuterebbero a salvaguardare la loro salute come quella degli operatori penitenziari.

Purtroppo al momento non si vedono aperture da parte del Governo verso scelte deflattive con il rischio, che speriamo non diventi una realtà, della propagazione del contagio all’interno di qualche istituto. Ci teniamo particolarmente a ricordare che le pene previste dal nostro codice non si limitano al carcere e che pene alternative come la detenzione domiciliare sono pene a tutti gli effetti. Non si capisce come mai in questo momento in cui le circostanze sono eccezionali non si prendano decisioni altrettanto eccezionali anche nel caso del carcere.

 

Per citare questo post:

Brioschi F. (2020) La Bomba é Esplosa. Percheil Corona Virus ha acceso le protest nelle carceri Italiane. In Studi sulla questione criminale online, disponibile al link:

https://wordpress.com/post/studiquestionecriminale.wordpress.com/2148