Torniamo attivi col blog di Studi sulla Questione Criminale pubblicando la puntuale recensione del filosofo Alberto Giovanni Biuso al libro, uscito di recente per Catartica edizioni, Krisis. Corpi, confino e conflitto (Sassari, 2020): un lavoro a più mani di critica e cronaca della quarantena, che non tralascia i temi cari alla criminologia critica: controllo sociale, potere e servitù volontaria.

Krisis. Corpi, confino e conflitto (Catartica edizioni, 2020)

di Alberto Giovanni Biuso

Comprendere il Covid19, comprendere l’epidemia, ha come condizione comprendere il nesso tra natura, politica e malattia. Un nesso sociale ed economico, certamente: infatti il «continuo trasferimento zoonotico, ovvero il salto delle infezioni da una specie all’altra, dall’animale non-umano a quello umano […] è dovuto al susseguirsi sempre più intenso delle penetrazioni e incursioni agro-economiche negli ecosistemi, della loro devastazione e, infine, della deforestazione per legname, per allevamenti e piantagioni intensive o per l’espansione cementificatrice delle aree urbane» (A. Kaveh, pp. 6-7). Ma anche e soprattutto un nesso ontologico, come il riferimento a un antico filosofo e medico rinascimentale ci indica: «Paracelso, secondo il quale per garantirsi la salute occorre conoscere la natura e, al contempo, curare la salute della natura stessa. In questo processo di autorisanamento del mondo, la cura sta proprio nel ridiventare naturale degli umani» (N. Poidimani, p. 103).

E invece ciò che va accadendo al mondo – umano e non umano – negli ultimi decenni è esattamente la distruzione sistematica e completa, per quanto possa essere completa una simile dinamica, del nesso tra umano, politica, ambiente:

Un’arroganza senza confini, un dilagare da fiume in piena. Il neoliberismo è un’ideologia. È la visione di un mondo trasformato in merce fin dentro i più reconditi anfratti dell’anima. È la strutturazione politica e la scelta economica della borghesia transnazionale che ha vinto la lotta all’interno della sua stessa classe asservendo le borghesie nazionali, espellendo e proletarizzando la piccola e media borghesia. Una lotta feroce senza quartiere, portata avanti per anni nel nostro paese dalla socialdemocrazia riformista, Pd e annessi e connessi, che si è fatta naturalizzatrice del nuovo verbo neoliberista attraverso la sistematicità dei piccoli passi, di provvedimenti settoriali, apparentemente disgiunti gli uni dagli altri, parcellizzando il cambiamento della società e ricomponendo il puzzle quando il momento è stato opportuno, nell’incomprensione e sottovalutazione della maggior parte della sinistra antagonista che molto spesso è stata purtroppo parte attiva della sua stessa rovina, incapace di comprendere il portato di quello che stava succedendo e ancorata a letture e risposte assolutamente inadeguate. Il neoliberismo ha condotto a compimento una trasformazione della società dalle fondamenta cominciando dal mondo del lavoro e diventando metabolismo sociale (E. Teghil, p. 106).

Il riferimento di questa analisi alla situazione italiana è soltanto un esempio ma il processo è naturalmente globale e si nutre delle pratiche dogmatiche insite nella globalizzazione: uniformità, moralismo, estensione del controllo, ideologia del politicamente corretto:

Il neoliberismo presenta se stesso come una società corretta e democratica, assume e strumentalizza i diritti umani, l’antifascismo, l’antirazzismo, le istanze delle diversità sociali e sessuali, quelle provenienti dagli ambiti di malessere sociale, perfino quelle antagoniste…Le ingloba, le trita e le risputa a suo uso e consumo traducendole in meccanismi di soggezione e in merce e produce una società che potremmo definire dell’antifascismo fascista, dell’antirazzismo razzista, dell’antisessimo sessista in cui integrazionismo e emancipazionismo di donne e immigrati/e giocano un ruolo fondante nell’inglobare nel sistema di potere le soggettività che in cambio della loro promozione personale sono disposte ad abbracciare la scala di valori dominante propagando questa come la migliore società possibile, basta un correttivo qua, un correttivo là…Il neoliberismo istituisce dei codici comportamentali attraverso il politicamente corretto. […] E questo sia sul fronte interno che su quello esterno con le guerre umanitarie, l’invasione e la distruzione di interi popoli in nome della salvaguardia dei diritti delle donne, delle differenze sessuali, della ‘democrazia’ (E. Teghil, pp. 108-109).

L’attuale epidemia ha sia mostrato con evidenza tali dinamiche sia accelerato il loro inverarsi in molti modi nel corpo collettivo, in particolare con l’equazione – scorretta e funzionale al dominio –  tra responsabilità obbedienza.

L’interdetto relazionale è diventato la norma scritta e il valore non scritto nelle dinamiche tanatopolitiche che hanno condotto a riprendere antiche ma sempre efficaci pratiche, tra le quali devastante e simbolica è l’esibizione dei morti, i quali «negati ai loro cari per un ultimo saluto, assumevano lo stesso ruolo dei cadaveri degli schiavi fuggiaschi o dei partigiani esibiti per terrorizzare e confermare l’onnipotenza del potere. Solo che, questa volta, i cadaveri erano virtualizzati, come ormai l’intera vita relazionale, e transustanziati in estenuanti elenchi quotidiani di numeri o di lunghe file di mezzi militari convertiti a carri funebri collettivi» (N. Poidimani, p. 96). La studiosa si chiede poi come mai questa enumerazione di cadaveri non venga praticata nel caso dei morti per cancro e meno ancora dei morti in seguito alle guerre finanziate con armi e contingenti militari italiani. O, aggiunge Kaveh, nel caso dei morti per inquinamento da particolato sottile, vale a dire dalle diverse forme di inquinamento ambientale compreso quello automobilistico, morti che nel 2016 sono stati 45.600 soltanto in Italia.

La risposta a queste domande è abbastanza semplice e ha nome contagio. È questa la parola magica, la formula aurea, il passe-partout dell’obbedienza praticata su di sé e invocata sugli altri. Quando infatti vengono negati persino l’ultimo baluardo della socialità, il dolore intorno al defunto e il pianto rituale sul suo cadavere, vuol dire che mediante il terrore del contagio l’autorità è riuscita a penetrare nel luogo sacro della vita, assorbendola interamente ai propri parametri e obiettivi. Guidalberto Bormolini, monaco e tanatologo afferma infatti che «si muore da soli e si è sepolti quasi da soli. È il contrario di ciò che è sano antropologicamente. […] È più facile che sia messo in ginocchio un Paese che ha il terrore della morte rispetto a uno che con la morte ha più dimestichezza» (citato da X. Chiaramonte, p. 69).

Altri ambiti fondamentali della distruzione del corpo collettivo sono il lavoro, la scuola, l’università, l’annullamento degli spazi nei quali tali attività si esercitano, il divieto della relazionalità spaziotemporale in cui consiste la vita quotidiana. La ‘quarantena’ o più esattamente la forma soft di arresti domiciliari alla quale siamo stati costretti senza aver commesso alcun reato, non è stata resa più leggera dalle tecnologie di comunicazione e lavoro a distanza ma è stata resa possibile proprio per mezzo di tali tecnologie; è evidente che la chiusura universale di centinaia di milioni di individui umani «non sarebbe potuta essere neanche lontanamente pensabile se non fossero esistiti questi tipi di comunicazione altra, o almeno non la si sarebbe fatta scorrere acriticamente, accettandola in tutto e per tutto  in ogni sua sfumatura, anche quelle più contraddittorie» (A. Kaveh, p. 15).

In Italia e in altri Paesi tale chiusura è stata lunga nel tempo e soprattutto integrale nello spazio, circostanza anch’essa grave e significativa poiché «uno Stato che non tiene minimamente conto delle condizioni particolari delle sue diverse aree geopolitiche, è uno Stato indegno di governare secondo un principio di democrazia sostanziale» (C. Sabino, pp. 88-89).

I decisori politici sono stati in questo sostenuti da gran parte del potere giudiziario, dai potentati economici, dal sistema dei media che ha mostrato in modo persino imbarazzante la propria natura servile. Queste strutture hanno collaborato a realizzare una vera e propria «criminalizzazione dell’intero corpo sociale» mediante la quale «tutta la società ‘sana’ è chiamata ad accusare la ‘comunità eversiva’, la serpe in seno. Dal reato specifico al reato presunto, dal reato materiale al reato residuale ed esteso» (E. Teghil, p. 113).

Alla radicalità del confinamento sociale bisogna opporre una consapevole, lucida e critica disobbedienza individuale e collettiva, che rifiuti il dispositivo del ricatto biologico sul quale il controllo fonda la propria persuasiva onnipotenza, «dobbiamo destituire la logica legalitaria perché le norme e le leggi vanno disattese ogni qualvolta siano contro la nostra vita e questo assunto è tanto più importante nel momento in cui il ricatto della vita biologica viene usato come arma per la distruzione di una vita che valga invece la pena di essere vissuta. Significa che dobbiamo organizzarci per rifiutare la militarizzazione dei territori, la cosiddetta sicurezza e il controllo sociale che passa non solo attraverso le forme eclatanti di controllo poliziesco, ma tramite le forme subdole del politicamente corretto e delle nuove tecnologie, dai riconoscimenti facciali al rilevamento delle impronte digitali, dagli screening sanitari al monitoraggi territoriali» (E. Teghil, p. 116).

Le analisi tentate in questo libro disobbediente trovano una sintetica metafora nell’antica storia narrata da Esopo: «L’intellighenzia di buon cuore della sinistra televisiva, i movimentisti che credono che le cose cambieranno con tante assemblee e tante manifestazioni, la sinistra lobbista che si occupa di far passare singole vertenze, continuano in un modo o nell’altro a traghettare scorpioni senza porsi minimamente il problema di un sonoro e definitivo ‘manco per idea. Io non mi faccio cavalcare da chi so che poi mi pungerà’» (C. Sabino, p. 80). Lo scorpione si giustificò della morte inflitta alla rana e a se stesso affermando che pungere era la sua natura. La natura dell’ultraliberismo che domina il presente è moltiplicare i propri profitti anche a costo della distruzione ambientale e antropologica. Il Covid19 è soltanto un segnale. Ma è stato un segnale eloquente.

Per citare questo post:

Biuso, A. G. (2020), Krisis. Corpi, confino e conflitto. Recensione di Alberto Giovanni Biuso. Blog Studi sulla questione criminale online, al link: https://studiquestionecriminale.wordpress.com/?p=2971

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