in Lessico di Guerra

Malak Mattar, “When the family is the only shelter”

Di Nicola Perugini (University of Edinburgh) e Neve Gordon (Queen Mary University of London e British Society for Middle East Studies)[1]

Leggi di guerra, unità mediche e “violenza umanitaria”

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) disciplina le linee guida del conflitto bellico, incluse le regole di condotta che le parti in guerra devono rispettare circa mezzi di trasporto e staff delle unità mediche. La prima versione di queste norme è stata formulata nel 1864 – un anno dopo la fondazione del Comitato – attraverso la promulgazione della “Prima Convenzione di Ginevra”[1]. L’ambito medico veniva qui descritto come uno strumento che si prefigge una mission umanitaria, in netto contrasto con il carattere distruttivo della guerra. Nel Diritto Internazionale Umanitario (DIU), l’ambito medico è quindi concepito come qualcosa di esterno allo sforzo bellico, un campo di intervento in cui medici, infermieri e operatori sanitari sono neutrali e necessitano protezione. Nonostante lo sviluppo del DIU e la formulazione delle Convenzioni dell’Aia all’inizio del ventesimo secolo, la tutela delle unità e del personale medico si è dimostrata debole, soprattutto durante le due guerre mondiali.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la protezione delle strutture e del personale medico è emersa nuovamente come priorità del diritto internazionale e sono state introdotte nuove codificazioni nelle Convenzioni di Ginevra del 1949. In seguito alle guerre anticoloniali di liberazione nazionale e alla significativa crescita del numero di paesi aderenti alle Nazioni Unite, le tutele legali a favore delle unità mediche sono state ulteriormente perfezionate come parte della Conferenza diplomatica sulla Conferma e lo Sviluppo del Diritto Internazionale Umanitario applicabile nei conflitti armati dal 1974 al 1977, che ha portato alla formulazione dei Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra del 1977[2].

Nonostante le concrete protezioni legislative che il DIU garantisce all’ambito medico, l’assistenza sanitaria rimane inscindibile dallo sforzo bellico, una condizione che si è intensificata con la crescente sovrapposizione tra spazi bellici e civili nella guerra moderna, rendendo precarie le tutele conferite alle unità e al personale medico. Per far fronte a questa precarietà, il DIU ha iniziato a richiedere ai fornitori di servizi sanitari di contrassegnarsi con delle insegne.  Anche se l’impegno del diritto internazionale nel proteggere le unità mediche è stato apprezzabile, è importante sottolineare che la legge introduce anche una serie di eccezioni che permettono alle parti in guerra di colpire strutture e personale medico[3]. Il “Protocollo Aggiuntivo I” –  il trattato più corposo che regola il dispiegamento della violenza durante i conflitti armati – stabilisce infatti che “le unità mediche devono essere sempre rispettate e protette e non devono essere oggetto di attacco”[4] salvo tre eccezioni: se proteggono soldati o ospitano armi, se situate vicino a un obiettivo militare (poiché potrebbero essere utilizzate per ospitare una fabbrica di munizioni, una base militare, un sito di lancio, e così via)[5] e se esse non vengano utilizzate al di fuori della loro funzione umanitaria al fine di commettere azioni dannose per il nemico”[6] .

Ciò che costituisce un’”azione dannosa per il nemico” rimane un concetto non univocamente interpretabile e notevolmente ampliabile dalle parti in conflitto. Il concetto di azione dannosa può includere situazioni che vanno dall’uso della struttura medica per nascondere soldati a quella di un paziente-soldato che effettua una telefonata . Il commentario del CICR nota che le tutele possono essere “revocate solo dopo che è stato dato un adeguato avvertimento con un limite di tempo ragionevole e solo dopo che tale avvertimento sia rimasto inascoltato”[7], ma non chiarisce la nozione di “funzione umanitaria”.

Secondo il CICR, i trasporti medici contrassegnati che accompagnano i feriti e gli ammalati, il personale e le attrezzature mediche, godono delle stesse tutele delle unità mediche; inoltre il personale medico deve essere protetto dall’eventuale attacco a meno che non commetta, al di fuori della propria funzione umanitaria, atti dannosi per il nemico[8]. Quando il personale medico “trasporta e usa armi per difendersi o per proteggere i feriti e gli ammalati sotto la propria cura, non perde la protezione a cui ha diritto”[9]. I feriti e gli ammalati sono inoltre tutelati anche se le unità o il personale medico perdono la protezione[10]. Di conseguenza, il DIU esorta le parti in conflitto a osservare e rispettare la fondamentale distinzione tra assistenza sanitaria e conflitto bellico nelle proprie strategie di guerra. Allo stesso tempo, introduce numerose eccezioni, consentendo ai belligeranti di attaccare le unità mediche nei casi in cui ritengono che non sussista la suddetta distinzione e a condizione che rispettino determinati principi e condizioni[11]. L’uso da parte di Israele di queste eccezioni – quello che chiamiamo, coniando un nuovo termine, medical lawfare – attraverso attacchi alle unità e al personale medico palestinese a Gaza, costituisce un esempio concreto di come le eccezioni del DIU vengano invocate per legittimare la “violenza umanitaria”.

Epidemiologia degli attacchi israeliani a Gaza

Insieme all’Afghanistan, alla Siria e allo Yemen, la Striscia di Gaza è un epicentro di attacchi bellici al personale e alle infrastrutture sanitarie. Fin dall’inverno del 2008/2009, l’Aeronautica Israeliana e altre unità militari hanno preso di mira gli operatori sanitari nella Striscia, intensificando un modello decennale di violenza strutturale contro il sistema sanitario palestinese[12]. Viceversa, dal 1967 al 1993, quando Israele controllava e amministrava direttamente Gaza e la Cisgiordania attraverso l’Amministrazione Civile Israeliana, si asteneva dal bombardare le strutture sanitarie utilizzate dai palestinesi poiché avrebbe dovuto ricostruirle.

Dopo gli Accordi di Oslo del 1993 il controllo sulle strutture sanitarie e su tutte le altre infrastrutture civili palestinesi nel territorio occupato è stato trasferito alla nascente Autorità Palestinese (AP). È in questo momento che le forme di controllo di Israele e i suoi repertori di violenza cominciano a cambiare diventando più letali e distruttivi, soprattutto dopo il ritiro degli insediamenti da Gaza nel 2005[13]. Secondo Breaking the Silence, due dottrine hanno guidato gli attacchi militari israeliani a Gaza dal 2008: la prima è la “dottrina zero vittime”, che stabilisce che, per proteggere i soldati israeliani, possono essere uccisi civili palestinesi. La seconda è la “dottrina strategica” che raccomanda di attaccare strutture civili in modo sproporzionato per scoraggiare Hamas[14]. Queste due dottrine hanno preparato il terreno fertile da cui è emerso il medical lawfare israeliano. A partire dall’attacco alla Striscia nel 2008, la distruzione da parte di Israele dell’infrastruttura medica a Gaza è stata sistematica[15], dalle aggressioni del 2012[16] e del 2014[17], fino all’assalto del 2021 nel bel mezzo della pandemia da Covid-19[18].

Ma gli attacchi israeliani alle unità mediche nella Striscia di Gaza hanno raggiunto livelli senza precedenti nel 2023. Tra il 7 ottobre 2023 e il 30 maggio 2024, l’OMS ha documentato 464 attacchi che hanno causato 727 morti e 933 feriti. Gli attacchi hanno colpito 102 strutture sanitarie, con 32 ospedali e 113 ambulanze distrutti o danneggiati[19]. Inoltre, 22 dei 36 ospedali (61%) non sono funzionanti a causa dei bombardamenti israeliani e delle gravi carenze di carburante ed elettricità, oltre alla scarsità di medicinali e forniture mediche, mentre i rimanenti 14 sono solo parzialmente funzionanti[20]. Come emerge dal calcolo dei dati sopra citati, tra il 2008 e maggio 2023, Israele ha effettuato 644 attacchi contro ospedali e cliniche mediche nella Striscia di Gaza. Questi attacchi sono avvenuti mentre centinaia, a volte migliaia, di palestinesi feriti cercavano cure mediche negli ospedali e nelle cliniche, oppure rifugio negli edifici. Come ha dichiarato Osama Tanous di “Physicians for Human Rights-Israel”, gli attacchi israeliani hanno ulteriormente demolito “un’infrastruttura sanitaria che era già in ginocchio a causa di un processo di smantellamento sistematico del settore sanitario di Gaza da parte dell’occupazione”[21].

Non c’è dubbio che l’esercito israeliano sapesse esattamente cosa stava determinando con i suoi attacchi[22]. Le sue capacità di sorveglianza, che gli consentono di individuare esattamente la posizione di ogni ospedale e clinica medica a Gaza, e le sofisticate armi a disposizione, rendono altamente improbabile l’ipotesi di ripetuti bombardamenti involontari alle strutture sanitarie, che sono stati centinaia dal 2008 in avanti. Il numero di attacchi suggerisce inoltre che le unità mediche siano state sistematicamente prese di mira come parte della strategia volta a reprimere la resistenza palestinese e a indebolire il corpo sociale palestinese a Gaza. Dopotutto, la distruzione delle strutture mediche ha avuto implicazioni di vasta portata per la fornitura di assistenza sanitaria ai palestinesi nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi a ogni attacco militare, evidenziando la persistenza della violenza necropolitica di Israele sulla Striscia di Gaza. Non diversamente dal periodo successivo alla Nakba del 1948, anche in questi casi la violenza esplosiva si trasforma in violenza strutturale, ossia in una violenza che continua a prostrare la popolazione palestinese anche molto tempo dopo i bombardamenti.

Lawfare e l’uso degli “scudi umani”

L’esercito e il governo israeliani hanno sostenuto che i palestinesi utilizzano intenzionalmente le unità mediche “al di fuori della loro funzione umanitaria” per proteggere combattenti, nascondere armi o proteggere altri legittimi obiettivi militari, e che, quando l’esercito israeliano attacca questi obiettivi, i palestinesi lo accusano di violare le norme internazionali.

Utilizzando un’espressione resa popolare dal generale maggiore statunitense Charles Dunlap, Israele si riferisce a questa strategia identificandola come lawfare – “un metodo di guerra in cui il diritto è usato come mezzo per realizzare un obiettivo militare”[23]. Secondo Dunlap, nel lawfare, attori non statali provocano l’uso della violenza contro siti e persone protette, ad esempio utilizzando civili come scudi umani per difendere obiettivi militari legittimi, e quando questi obiettivi vengono attaccati e alcuni dei civili vengono uccisi, gli stessi attori non statali accusano la parte che ha attaccato, attraverso un forum legale, di commettere crimini di guerra contro i civili[24].

Dunlap e diversi altri esperti hanno definito la nostra era come dominata dal lawfare, sostenendo che il DIU venga utilizzato come tecnica di guerra da attori non statali contro forze militari statali[25]. Di conseguenza, quello dell’utilizzo di “scudi umani” è diventato uno dei principali espedienti di cui si avvalgono le forze militari statali per incolpare i loro nemici (non statali) di aver causato vittime civili. Questa argomentazione è arrivata a dominare i dibattiti contemporanei sul lawfare, in cui Israele imputa frequentemente alla resistenza palestinese di utilizzare scudi umani per respingere gli attacchi[26]. La stessa Agenzia di Sicurezza Israeliana ha accusato Hamas e altri gruppi di resistenza armata nella Striscia di Gaza di utilizzare intenzionalmente i civili come scudi durante gli attacchi contro Israele al fine di accusarlo di crimini di guerra nel caso di una reazione[27].

Nel documento “Strategia delle IDF (Forze di Difesa Israeliane)” – un testo che fornisce “l’infrastruttura strategica e pratica per tutti i documenti fondamentali emessi dalle IDF” – l’esercito israeliano afferma che la “tendenza crescente, nell’arena internazionale, a regolamentare l’uso della forza e imporne limitazioni, insieme all’applicazione delle leggi della guerra principalmente agli attori statali […] viene sfruttata dai nemici per danneggiare la legittimazione dello Stato di Israele e la libertà di azione delle IDF”[28].

Questa versione del lawfare centrata sullo Stato, tuttavia, rappresenta solo uno dei modi in cui il DIU è stato utilizzato a fini militari. Altrove abbiamo mostrato che attori statali, come l’esercito israeliano e il suo dipartimento legale, hanno spesso determinato situazioni in cui siti e persone protette sono rimaste intrappolate nel bel mezzo della guerra. Questi attori statali sono più inclini a invocare disposizioni legali in termini di lawfare contro attori non statali, accusando questi ultimi di violare il DIU per proteggersi da qualsiasi forma di responsabilità legale per l’uccisione di civili e la distruzione di siti protetti[29].

Concordiamo quindi sul fatto che il lawfare sia diventato uno strumento pervasivo della guerra, ma contrariamente a quanto sostenuto da Dunlap e altri esperti, sosteniamo che gli attori statali siano più inclini a utilizzare questa logica contro attori non statali nel tentativo di giustificare l’uso di violenza letale. Il medical lawfare israeliano ne è un esempio.

Esso costituisce una specifica manifestazione politica del lawfare statale e si riferisce alle accuse di lawfare nel contesto dell’assistenza medico-sanitaria. Il medical lawfare si fonda solitamente sulla supposizione che i combattenti si nascondano intenzionalmente in ospedali, cliniche, ambulanze o tra il personale medico. In questo modo, se l’esercito regolare colpisce i siti o il personale medico coperti da protezione umanitaria, accusa i combattenti di usarli come scudi.

Prendiamo il caso degli attacchi di Israele contro Gaza del 2023/4, durante i quali la distruzione e il danneggiamento delle strutture mediche ha avuto un impatto immediato e devastante sulla popolazione palestinese. Oltre ai feriti e morti (anche tra il personale medico) che cercavano rifugio nelle strutture sanitarie durante gli attacchi, gli ospedali sono stati sopraffatti da un numero senza precedenti di pazienti, necessità di compiere delicati interventi chirurgici e amputazioni[30]. Inoltre, con elettricità limitata, poco carburante e farmaci, impossibile curare 9.000 pazienti oncologici, migliaia di pazienti in dialisi e quasi 50.000 gravidanze, oltre ad altri casi critici[31]. Se si considera che il sistema sanitario palestinese è continuamente sull’orlo del collasso a causa di decenni di violenza strutturale, il bombardamento ulteriore delle infrastrutture mediche – che vengano usate o meno per nascondersi – dovrebbe essere concepito come una caratteristica primaria della strategia di “annichilimento” della popolazione palestinese, una guerra contro la sua stessa vita o vivibilità[32]. La natura duplice del campo medico – un campo che dev’essere protetto mentre protegge la vita – è ciò che rende il medical lawfare un’articolazione biopolitica distintiva del lawfare.

L’uso del lawfare come giustificazione legale ai crimini di guerra

L’uso del medical lawfare da parte di Israele appare dunque per la prima volta dopo l’attacco alla Striscia di Gaza nel 2008, due anni dopo il ritiro dalla Striscia, dichiarata “entità ostile”. Da quel momento Israele, insieme all’Egitto, ha trasformato il suo assedio militare temporaneo in un blocco permanente[33]. Ciò ha portato i gruppi di resistenza palestinesi a utilizzare sempre più missili e attacchi con mortai contro Israele, mentre l’esercito israeliano ha intensificato la sua sorveglianza aerea e i bombardamenti[34]. Israele è andato oltre le politiche di controllo etnico, come ad esempio la detenzione di massa, la tortura, le restrizioni diffuse alla libertà di movimento, per passare a una violenza esercitata con attacchi improvvisi e a distanza, attraverso l’uso sistematico di missili, droni e attacchi con mortai[35]. Insieme a questi cambiamenti, l’esercito israeliano ha iniziato a bombardare strutture mediche nella Striscia di Gaza, i cui effetti si sono riversati immediatamente sui servizi sanitari dell’enclave assediata.

Il bombardamento del 2008 ha portato a un’indagine internazionale e, nel gennaio 2009, l’ONU ha avviato una missione di verifica dei fatti a Gaza per accertare eventuali violazioni del DIU o del diritto internazionale sui diritti umani. Nel luglio 2009, mentre il rapporto della missione era ancora in fase di preparazione, il Ministero degli Affari Esteri israeliano (MFA) ha pubblicato una difesa “fattuale e legale” del suo comportamento durante l’invasione. Il rapporto di difesa includeva una sezione specifica sull’”uso improprio delle strutture mediche”, accusando Hamas di utilizzare gli ospedali “come quartier generali, centri operativi, centri di comando e nascondigli”[36]. Secondo il team legale-militare israeliano, gli ospedali sono stati trasformati in depositi di armi, nonché siti per impegnarsi in sparatorie e lanciare razzi, al punto che Hamas ha anche “condotto abitualmente una serie di operazioni militari in prossimità di queste strutture”[37]. Interpretando e descrivendo l’uso delle infrastrutture di assistenza sanitaria come componente chiave dell’apparato bellico palestinese, il MFA israeliano ha trasformato il campo medico in una questione di sicurezza nazionale, aprendo la strada all’intervento militare contro di esso. Il rapporto concludeva che Hamas aveva commesso crimini di guerra e che, quindi, era responsabile dei danni che Israele aveva arrecato alle strutture mediche palestinesi, poiché metteva deliberatamente a rischio medici, malati e feriti esponendoli al contesto bellico in violazione del DIU.

Nonostante i suoi sforzi per giustificare gli attacchi agli ospedali, la difesa legale israeliana ha subito un duro colpo dopo la pubblicazione del rapporto dell’ONU nel settembre 2009, noto come “Rapporto Goldstone” in onore del capo della missione, il giudice Richard Goldstone. I membri della missione di verifica dei fatti conclusero che “non è stata trovata alcuna prova a sostegno delle accuse secondo cui le strutture ospedaliere fossero utilizzate dalle autorità di Gaza o dai gruppi armati palestinesi per nascondere attività militari o che le ambulanze fossero utilizzate per trasportare combattenti o per altri scopi militari”[38]. Aggiunsero che gli attacchi di Israele e le vittime che hanno causato “hanno sottoposto il settore sanitario di Gaza assediato a un ulteriore stress”, e che “ospedali e ambulanze sono stati presi di mira dagli attacchi israeliani”[39]. Il rapporto di difesa prodotto dal governo israeliano aveva anche fornito immagini che mostravano presunti combattenti della resistenza palestinese mentre svolgevano attività militari nelle vicinanze delle strutture mediche. Tuttavia, il rapporto Goldstone ha concluso che non era possibile determinare se queste immagini fossero state scattate durante l’attacco del 2008, poiché potrebbero essere immagini di “precedenti presunte azioni di lancio di razzi da Gaza”[40], come ha ammesso lo stesso governo israeliano. Questi elementi hanno sollevato dubbi sul fatto che le informazioni contenute nel rapporto di difesa di Israele potessero essere state create o manipolate per fornire una falsa rappresentazione della situazione.

È proprio in questo contesto che dobbiamo comprendere i tentativi crescenti di Israele di accusare i gruppi di resistenza palestinese di sfruttare ospedali, cliniche, ambulanze, personale sanitario, feriti e malati, utilizzandoli come scudi. Indipendentemente dalla veridicità del rapporto del MFA, Israele ha descritto le unità mediche di Gaza come colpevoli di non rispettare il principio legale secondo cui le parti in guerra devono distinguere tra siti protetti e non protetti. Inoltre Israele ha cercato di utilizzare questo discorso come difesa etica e legale per i propri attacchi. Questo framing degli avvenimenti è una componente essenziale del “lavoro legale” di Israele, che Duncan Kennedy descrive come un campo di battaglia in cui ogni interpretazione legale è influenzata dalla disposizione ideologica dell’interprete e può promuovere obiettivi politici e sociali differenti[41]. Fa parte del più ampio “lavoro legale” di Israele che Noura Erakat descrive nella sua analisi come il “trattamento normativo e diplomatico della questione della Palestina” prodotto attraverso discorsi legali[42]. In questo caso, Israele ha utilizzato il lavoro legale per difendere il bombardamento delle infrastrutture sanitarie palestinesi adducendo che l’uso della violenza letale è stato eseguito in conformità con il DIU.

Il bombardamento israeliano delle infrastrutture mediche a Gaza e i successivi tentativi di auto-legittimazione non solo rivelano la persistenza della neutralizzazione coloniale, del Nakba, – cioè una strategia mirata a prostrare sistematicamente la società palestinese –, ma mostrano una logica perversa: gli apparati militari e governativi di Israele, attraverso il medical lawfare arrivano persino ad attribuire ai palestinesi la colpa delle loro stesse sofferenze, e così ad auto-giustificarsi per questa ennesima catastrofe.

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[1]“Prima Convenzione di Ginevra per il miglioramento delle condizioni dei feriti negli eserciti sul campo di battaglia”, si veda Forsythe D. P. (2005), The humanitarians: The international committee of the Red Cross, Cambridge: Cambridge University Press.

[2] Gordon, N., & Perugini, N. (2019). “Hospital Shields’ and the limits of international law”. European Journal of International Law30(2), 439-463. Nicola Perugini (2024), Decolonising the Civilian in Third World National Liberation Wars. Millennium, 1-26.

[3]Gordon N. (2021), “The moral norm, the law and the limits of protection for wartime medical units,” in Bseiso, J., Hofman, M., & Whittall, J. (Eds.) Everybody’s War: The Politics of Aid in the Syria Crisis. Oxford: Oxford University Press. Cfr. anche Gordon and Perugini, “‘Hospital Shields’ and the Limits of International Law”, cit.

[4]UNHR, Protocol Additional to the Geneva Conventions of 12 August 1949, Relating to the Protection of Victims of International Armed Conflicts, June 8, 1977, 1125 U.N.T.S. 3 (da qui in poi “Protocollo Aggiuntivo I”).

[5]Il CICR nel suo commentario spiega che il “posizionamento deliberato di un’unità medica in un luogo in cui ostacolerebbe un attacco nemico” è sufficiente affinché esso perda la protezione, a condizione che la parte in conflitto rispetti i principi di proporzionalità e necessità militare. Cfr. Gasser H. P., Junod S., Pilloudt C., . De Preux J., Sandoz Y., Swinarski C., Wenger C. F., Zimmermann B. (1987), Commentary on the Additional Protocols: of 8 June 1977 to the Geneva Conventions of 12 August 1949, at 175.

[6] “Tali atti dannosi includono, ad esempio, l’uso di un ospedale come rifugio per soldati abili o fuggitivi, come deposito di armi o munizioni, o come postazione di osservazione militare; un altro esempio è il posizionamento deliberato di un’unità medica in una posizione in cui ostacola un attacco nemico. (Protocollo Aggiuntivo I, cit.).

[7]International Committee of the Red Cross (No Date), “Respecting and Protecting Health Care in Armed Conflicts and in Situations Not Covered by International Humanitarian Law”.

[8] Discutiamo queste precise condizioni in Gordon & Perugini (2019).

[9]Ibid.

[10]Ibid.

[11]Ibid.

[12]Asi Y., Tannous O., Wispelwey B., and AlKhaldi M. (2021), “Are there ‘two sides’ to attacks on healthcare? Evidence from Palestine.” European Journal of Public Health (31) 5: 927–928.

[13] Gordon N. (2008), “From Colonization to Separation: exploring the structure of Israel’s occupation.” Third World Quarterly, 29(1), 25-44.

[14]Na’aman O., Shaul Y., Stollar A. and Zaidel R. (2024, forthcoming), Open Fire: Israeli Soldiers Speak About Israel’s Wars on Gaza, Cambridge: Polity Press.

[15] Medical Aid for Palestinians (2017), “Health under Occupation”. p. 16.

[16] Ibid.

[17]Bachmann J., Baldwin-Ragaven L., Hougen H. P., Leaning J., Kelly K., Özkalipci O., Reynolds L., Vacas A. (2014), et al “Gaza 2014: Findings of an Independent Medical Fact Finding Mission.” p. 34-35.

[18]Mahase E. (2021), “Gaza: Israeli airstrikes kill doctors and damage healthcare facilities.” BMJ 2021;373:n1300; Medical Aid for Palestinians (2021), “A band-aid won’t heal Gaza’s wounds”.

[19]  WHO, Gaza Hostilities 2023 / 2024 – Emergency Situation Reports, 30 May 2024 https://www.emro.who.int/opt/information-resources/emergency-situation-reports.html

[20]Ibid.

[21]Aila S. and Day A. T. (2021), “Israel Attacks on Gaza Left Strained Health Care System in Tatters,” Intercept, May 21, 2021.

[22]Borg S. (2021), “Assembling Israeli drone warfare: loitering surveillance and operational sustainability”, Security Dialogue, 52(5), pp.401-417.

[23]Dunlap C. J. (2009), “Lawfare: A Decisive Element of 21st-Century Conflicts?”, National Defense University Washington DC: Institute for National Strategic Studies. Dunlap ha ricoperto il ruolo di avvocato militare capo dell’aeronautica militare degli Stati Uniti e ora è professore alla Duke University.

[24]Dunlap C. J. (2008), “Lawfare Today: a perspective”. Yale Journal of International Affairs: p.146. Vedi anche Gordon N. and Perugini N. (2017), “Human Shields, Sovereign Power and the Evisceration of the Civilian,” American Journal of International Law, Unbound, Vol. 110, 329-334. Nella nostra genealogia sugli scudi umani, abbiamo ricostruito lo sviluppo di queste accuse e come sono state utilizzate per giustificare l’erosione della categoria di civile in diversi contesti storici.

[25]Kittrie O. F. (2016), Lawfare: Law as a weapon of war. Oxford: Oxford University Press. Per una prospettiva più critica si vedano Jones C. (2016), “Lawfare and the juridification of late modern war,” Progress in Human Geography, 40(2), pp.221-239; Gordon and Perugini, “Human shields, sovereign power, and the evisceration of the civilian”, cit.

[26]   Gordon N. and Perugini N. (2017), “Human Shields, Sovereign Power and the Evisceration of the Civilian,” cit.

[27] Israeli Security Agency (No Date), “Hamas Exploitation Of Medical Intuitions As “Human Shield”; Israel Ministry of Foreign Affairs (2015). “The 2014 Gaza Conflict: Factual and Legal Aspects”.

[28]Israel Defense Forces (2018),  “IDF Strategy,” (in Hebrew), p. 9, 14. Sullo sforzo di “legalizzare” la guerra da parte di Israele, si veda Jones C. (2020), The war lawyers. The United States, Israel, and Juridical Warfare. Oxford: Oxford University Press; Geva M. (2019), “Military lawyers making law: Israel’s governance of the West Bank and Gaza.” Law & Social Inquiry 44, no. 3, 704-725.

[29]Gordon N. and Perugini N. (2017), “Human Shields, Sovereign Power and the Evisceration of the Civilian,”, cit. Si veda anche Geva M. (2019), “Military lawyers making law: Israel’s governance of the West Bank and Gaza.

[30]Medecins sans frontières (2023), Immediate ceasefire is needed in Gaza to stop the bloodshed.

[31]World Health Organization (2023), “OPt Emergency Situation Update”, Issue 9; Medecins sans frontières (2023), Five ways the war in Gaza is impacting Palestinians’ health

[32]Puar J. K. (2017), The Right to Maim. Debility, Capacity, Disability. Durham and London: Duke University Press, pp. 133-134.

[33]Sugli effetti del blocco e su come esso abbia contribuito a rendere ancora più labili le distinzioni tra civili e combattenti palestinesi, si veda Bhungalia L. (2010), “A liminal territory: Gaza, executive discretion, and sanctions turned humanitarian.” GeoJournal (75), 347–357.

[34]Borg S. (2021), “Assembling Israeli drone warfare: loitering surveillance and operational sustainability”, Security Dialogue, 52(5), pp.401-417.

[35]Gordon N. (2008), Israel’s Occupation. Berkeley: University of California Press.

[36]United Nations Human Rights Council (2009), Report of the United Nations Fact-Finding Mission on the Gaza Conflict.

[37]Ibid, 73.

[38]United Nations Human Rights Council (2009), Fact Finding Mission on the Gaza Conflict, Human Rights in Palestine and other Occupied Arab Territories, A/HRC/12/48, p. 18.

[39] Ibid, p. 25.

[40] Ibid, p. 114.

[41]Kennedy D. (2007), “A left phenomenological critique of the Hart/Kelsen theory of legal interpretation.” Kritische Justiz, 40(3), 296-305.

[42]Sui tentativi di Israele di plasmare la comprensione giuridica del suo dominio attraverso il “lavoro legale”, si veda Erakat N. (2019), Justice for Some. Law and the question of Palestine. Redwood City: Standford University Press, pp. 4-8. Erakat prende in prestito il concetto da Duncan Kennedy (2007) (cit.) e lo articola in relazione alla giuridificazione della questione palestinese.


[1] Questo contributo è una versione tradotta, sintetizzata e aggiornata a giugno 2024 di Perugini, N., & Gordon, N. (2024). “Medical Lawfare: The Nakba and Israel’s Attacks on Palestinian Healthcare”. Journal of Palestine Studies, 1–24. https://doi.org/10.1080/0377919X.2024.2330366. Ringraziamo gli autori per la rielaborazione e l’adesione al progetto del Lessico di Guerra.

Per citare questo post:

N. Perugini & N. Gordon (2024), “Medical Lawfare”: La Nakba palestinese e gli attacchi di Israele alle strutture sanitarie a Gaza, in Studi sulla Questione criminale Online al link: https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2024/06/11/medical-lawfare-la-nakba-palestinese-e-gli-attacchi-di-israele-alle-strutture-sanitarie-a-gaza/